TERRA DI MACINE

[…] d'argento alla croce di porpora, accantonata nel 1º e 4º cantone da una macina dello stesso e nel 2º e 3º da una fronda di mora fogliata e fruttata al naturale […]

Con il D.C.G n. 10682 del 9 agosto 1936, veniva concessa al comune di La Morra l’emblema araldico. Questo porta con sé la storia di un territorio, di una terra di macine e di mole.

Le geometrie caratterizzanti oggi di La Morra, viti e filari alla ricerca della miglior esposizione, nascondono un passato contadino, sicuramente più povero, fatto di agricoltura e arte molitoria. Nei documenti comunali dell’epoca, siamo nella prima metà del XIX secolo, risultavano infatti censite diverse cave, distribuite su tutto il territorio Lamorrese. Ed è proprio in queste aree che si estraevano e modellavano le macine in pietra da destinare ai vari mulini del circondario. Lo stesso Goffredo Casalis, nel suo Dizionario Geografico-Storico-Statistico-Commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, Volume XI, stampato a Torino nel 1843 scrive:” Podinga a nuclei silicei e calcarei, della grossezza di circa un’evellana, in una pasta piuttosto silicea. Trovarsi nella regione denominata Croere, di proprietà del comune. La cava è posta a scirocco, e si coltiva per fare le macine da grano: questa podinga si preferisce a quella meno compatta, che è posta nella regione Serradanaro, di proprietà dei fratelli Oberti”.

Lo sviluppo enoico delle colline di La Morra oscurerà temporaneamente la tradizione molitoria del paese che, comunque, rimane impressa nello stemma e, forse, nello stesso nome: La Morra, si ipotizza, possa essere infatti derivare da mola.

Nel 2014 giunge la conferma desiderata: il rinvenimento, durante lo scasso per l’impiantamento di un nuovo vigneto, di una macina da grano in pietra a Serradenari risalente, si pensa, ai primi decenni dell’Ottocento.

Il vino e la farina: due storie che s’intrecciano a La Morra